Sassi e legalità

Si può definire eroe chi lancia pietre e molotov contro la Polizia per impedire che il cantiere di un’opera pubblica venga aperto?

Lo avrebbe fatto Beppe Grillo, in un comizio, ieri, in Val di Susa, dove ci sono state proteste pacifiche e scontri violenti per la costruzione della Tav, un’opera da molti ritenuta inutile e dannosa, da altri necessaria.

In realtà lui dice che si rivolgeva ai manifestanti pacifici.

Comunque sia, la domanda resta, e qualche ambiguità pure.

Non entro nel merito della discussione sulla Tav. Ne conosco poco i dettagli e non saprei prendere una posizione.

Quello che mi colpisce , però, è la legittimazione della insubordinazione allo Stato. Mi colpisce perchè arriva dagli stessi ambienti che, per altro verso, invocano legalità. Mi chiedo come si tengano insieme le due cose.

Certa politica, quella più estrema, ha un rapporto strano con la legge. Per un verso fa della questione morale un perno della sua presenza politica. Non fa che giudicare i comportamenti. La sua polemica politica per un terzo è sui contenuti e per due è sulla moralità dell’avversario. Si contestano interessi personali, corruzioni, imbrogli,  collusioni con affaristi, con la criminalità, raccomandazioni. Si invocano il merito e la legalità. Si inneggia a forze di polizia e magistratura, si innalzano sugli altari le vittime per la legalità. Si coltiva il culto degli eroi legalitari. Si disegna il profilo di una società giusta, dove tutti devono rispettare le regole.

Poi si dimentica tutto questo e, in certe circostanze, si prende a sassate lo Stato. Allora non capisco: se la legge va rispettata, e se la questione morale va messa al centro della vicenda politica, perchè non lo si fa più quando questa va nella direzione contraria a quella che auspichiamo?

Naturalmente qui non è in discussione il diritto a manifestare il proprio dissenso. Ci mancherebbe. Ognuno può e deve dire come la pensa. Si discute, invece, della legittimità di una rivolta violenta, con armi, tecniche, assalti alla Polizia, a cui spesso si guarda con un certo compiacimento.

Un mio conoscente, che si dice molto di sinistra e che è, teoricamente, molto radicale sui temi della legalità, in modo particolare sull’ambientalismo, ha sempre usato parole di fuoco contro chi, in politica, assumeva comportamenti che lui definiva immorali. Aveva sempre un’accusa pronta, il dito puntato. Tu fai questo, tu fai quello. Poi si è costruito una villetta abusiva in un terreno di sua proprietà all’interno di un bel bosco. Quando gli chiedevo come potesse conciliare questo suo gesto con la sua presunta fede politica ed ecologista mi diceva che il “Piano regolatore aveva distribuito le licenze secondo gruppi di potere locale e che il suo terreno era stato considerato agricolo solo perchè apparteneva a lui”.  Disobbedire a quella spartizione era giusto.

Insomma, si era fatto la legge ad personam.

Un altro mio conoscente, in politica non parlava che di moralità. Degli altri, ovviamente. Poi, quando gli è toccato di fare il sindaco, ha fatto mille compromessi, anche con la camorra. E anche per sé stesso, per tutelare alcune vicende di una sua azienda. Prestiti, soldi, accordi, trucchi, stratagemmi. Quando gli ho chiesto conto di queste contraddizioni si è inalberato, quasi come se la sua purezza morale fosse un dato di fondo, indipendente dai comportamenti. Se una cosa la fai tu è sbagliata. Se la stessa identica cosa la faccio io è giusta.

A me sembra tutto, chiaramente, paradossale. Se fai della questione morale una bandiera poi devi essere coerente e rigoroso. La legge vale anche per te. Tutte le leggi valgono anche per te.

Se invochi le manette per i deputati che definisci ladri, poi non puoi prendere a sassate la polizia.

C’è di buono che, a volte, il popolo è più civile di chi pretende di rappresentarlo. Le immagini della guerriglia disgustano gli italiani e allontanano la gente dalla protesta. E’ sempre stato così. Quando una manifestazione di popolo diventa violenta, muore.  Chi pratica la violenza accusa chi si allontana di vigliaccheria. Non volete pigliare le botte. Quante volte l’ho sentita. E invece è un singulto di coerenza, che non è la caratteristica di chi non cambia mai idea. Ma di chi fa esattamente quello che dice.

La coerenza è una corrispondenza tra i gesti e le parole, i comportamenti e le idee. Dico una cosa, e la faccio. Concetto curioso e insopportabile per un paese di buoni predicatori che razzolano malissimo.

3 pensieri riguardo “Sassi e legalità”

  1. ..se le pietre e i sassi li lanciano contro l’apertura delle discariche in Campania mandano l’esercito…anche questa è coerenza dello Stato

  2. Caro Antonio,
    da anni l’obbedienza non è più una virtù e la disobbedienza civile è una strada legittima per testimoniare la propria contrarietà ad una norma che si ritiene profondamente ingiusta. Don Milani si riferiva agli obiettori di coscienza del suo tempo: grazie a loro e alla loro disobbedienza abbiamo avuto una importante emancipazione. Certo, loro andavano in galera e non costruivano case abusive. C’è indubbiamente disobbedienza e disobbedienza: ma certe leggi non possono essere rispettate, anche a costo di pagare in prima persona (pensa alle leggi razziali, ad esempio).
    Ma non puoi mettere sullo stesso piano chi disobbedisce per principi etici e morali e chi viola la legge nel proprio interesse e per rubare: il passo è troppo lungo e offensivo.
    Una comunità ha diritto di opporsi, pacificamente, a delle scelte che non condivide e per questo quei valligiani meritano il rispetto e la solidarietà di molti. Ma sopratutto meritano di far conoscere le proprie ragioni (che anche tu, persona impegnata e informata, confessi di non conoscere).
    Veniamo alle pietre. Io non ero in Val di Susa ieri e quindi non so con precisione quello che è accaduto. Ho visto, come molti, tanti deficienti e delinquenti che lanciavano pietre e altro verso la polizia e che hanno dato stura alla violenza. Probabilmente, anzi sicuramente, questi deficienti e delinquenti non erano nemmeno della Val di Susa.
    Ero, però, il 29 agosto del 2004 ad Acerra, insieme ad altre trentamila persone che protestavano contro l’inceneritore. Andai al corteo con mia moglie e i miei due figli. Tutti senza pietre. E come me la stragrande maggioranza; tante le famiglie, i bambini, le donne, gli anziani. Tutti convinti di stare esercitando un diritto sacrosanto in democrazia: protestare.
    Mentre noi marciavamo pacificamente un gruppetto di ultrà ha avviato delle scorribande anticipando il corteo. Erano pochi e facilmente bloccabili. A loro non interessava dell’inceneritore, ma solo colpire le divise. Hanno iniziato a lanciare sassi. Nessuno li ha fermati: si aspettava il grosso del corteo per caricare. Il quel momento serviva una miccia, servivano degli idioti utili a chi voleva lo scontro e mandare a casa donne, bambini, vecchi, persone pacifiche che, a torto o a regione, stavano protestando democraticamente per difendere il proprio territorio e in questo modo archiviare la pratica terrorizzando chi ai lacrimogeni e ai manganelli non era abituata. La protesta legittima doveva essere declassata a problema di ordine pubblico.
    Ed è quello che è successo: una intera città criminalizzata, affumicata, manganellata, intimorita.
    Se ci pensi è la stessa cosa che era accaduta a Genova nel 2001 e prima ancora a Napoli, tanto per ricordare avvenimenti che conosciamo tutti.
    Il giorno dopo ci chiamarono camorristi, violenti, delinquenti. Qualcuno anche incoerenti.
    E credimi, è stata la cosa che ci ha fatto più male.

    Con stima, Franco

    1. Franco, condivido tutto quello che dici. La protesta è un sano esercizio democratico, come l’obiezione di coscienza. Sono anche io convinto che chi, dentro la protesta, usa metodi violenti è un comodo alleato (da sempre) di chi quella protesta intende stroncarla con la repressione.
      La domanda che mi pongo è: che differenza c’è tra chi, a sinistra, lancia pietre sulla polizia quando questa è chiamata a far rispettare una legge dello stato che non ci piace, e chi, a destra, chiama metastasi i magistrati, quando questi sono chiamati ad esercitare l’azione penale contro chi vorremmo impunito?
      Le regole servono alla convivenza civile, ci piacciano o no. Se non ci piacciono possiamo protestare e finanche disobbedire. Ma non possiamo contestare l’esercizio della legge perchè altrimenti siamo in contraddizione.
      Io ho vissuto proteste, vi ho partecipato, ho visto anche la mano pesante, e spesso ingiustificata, della polizia. Ma non ho mai lanciato pietre, non ho mai cercato il corpo a corpo con una divisa. Per me la divisa è la legge, e io considero la legge un riferimento per la convivenza civile. Almeno fino a che sento democratico lo Stato in cui vivo. Se poi finiamo in una dittatura, vabbè, ci sta anche la lotta estrema. Ma non mi sembra il caso dell’Italia.

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