Sonoramente e profondamente indignati

Il prete che in un comune del Napoletano va a dire messa in campagna, dove si nasconde il vecchio boss di camorra, latitante da dieci anni, che ogni domenica ha voglia di farsi la comunione.

Il politico che ha fatto tutta la vita lo spiccia faccende del camorrista e viene premiato con un seggio in Consiglio comunale.

Il commerciante che per non pagare la tangente, all’occorrenza, nasconde la pistola o la droga sotto il bancone.

Il caporale che la mattina va a caricarsi una decina di immigrati da arruolare come uomini di fatica, a nero, nelle campagne o nei cantieri, a dieci euro al giorno più due “marenne”.

Il commercialista che porta i conti e offre consigli al prestanome di camorra sul riciclaggio del denaro.

Il professore universitario che ha sistemato due figli, la moglie, una nuora e l’amante nella facoltà dove insegna.

L’ispettore dell’Inps che chiude un occhio con un piccolo regalo.

Il padre di famiglia che beve mezza bottiglia di chivas mentre gioca a carte, ma si incazza se il figlio si fa una canna.

Lo stesso padre di famiglia che, prima di tornare a casa, la sera, si fa un giro sul viale buio e passa qualche minuto con la puttana nera, ma la mattina dopo dice che schifo, quel viale, dovremmo mandarli tutti a casa.

Il sindacalista che piazza il figlio nell’azienda di cui dovrebbe tutelare i lavoratori.

Il senatore condannato in secondo grado per mafia.

Il grosso imprenditore che corrompe i giudici, i finanzieri, porta i soldi all’estero, paga la gente a nero.

Il gioielliere che compra i rolex rubati sottoprezzo e poi li mette in vetrina come nuovi.

Il dipendente pubblico che si fa timbrare il cartellino dal collega.

Il sindaco che intasca la tangente dall’impresa e la divide con gli assessori.

L’evasore fiscale.

Il falso invalido.

Che cosa accomuna questi personaggi?

Sono tutti indignati per le violenze dell’altro giorno a Roma.

Sonoramente e profondamente indignati.

L’Italia dei cachi, l’Italia dei furbi, l’Italia che quello che vale per me, non vale per te, l’Italia dei cazzi miei, l’Italia del massimo profitto e del minimo sforzo, l’Italia dell’ingiustizia permanente, l’Italia della demeritocrazia, l’Italia delle mignotte e dei ruffiani, fa la morale ai teppisti.

Non si spaccano le vetrine, non si rompono le “marunnelle” di gesso, non si appicca il fuoco ai blindati, non si lanciano le pietre, soprattutto se dopo non nascondi la mano.

“Tu da che parte stai? Dalla parte di chi ruba nei supermercati o di chi li ha costruiti, rubando?”, canta De Gregori.

Può questa Italia fare la morale a chi spacca i bancomat?

So già che questa brutta domanda rischia di farmi iscrivere al ruolo dei violenti. Non me ne cruccio. Non ho difficoltà a dire che sono nettamente contrario a quanto avvenuto a Roma e ad ogni protesta violenta. Sono contrario come lo sono, però, a tutte le violenze diffuse di questo Paese, quelle quotidiane, quelle sottili e dolorose come la goccia sulla pietra, a cui ormai sembriamo tutti assuefatti.

Mi feriscono i teppismi plateali, ma anche quelli felpati.

E mi piacerebbe che la stessa indignazione che si è sollevata in queste ore contro quelle azioni, si facesse coro contro la profonda immoralità di questo Paese, contro l’anima marcia di ciascuno, contro la doppia faccia, e gli innumerevoli affluenti dell’ingiustizia.

Ma so che non sarà così.

Quelle violenze di piazza, anzi, saranno un comodo alibi per continuare così. Come quei contatori elettrici che scaricano la massa a terra. Ci battiamo tutti in petto. Siamo così patrioti, e devoti all’ordine e alla legge.

Il Ministro Maroni, condannato, in via definitiva, a 4 mesi di carcere per resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale, perché ha tentato di mordere il polpaccio a un poliziotto durante una perquisizione ad una sede della Lega, ha tuonato “delinquenti!”, contro quei teppisti a cui io non  faccio la morale, ma che chiamo coglioni.

Vi chiamo coglioni perché ogni volta che lanciate una pietra, o un estintore, o afferrate un bastone, sentendovi grandi e forti, il gigante gode e ride, come se gli faceste il solletico.

Ogni volta che scendete in piazza, la battaglia si perde. E’ sistematico. Non ne avete vinta una. Anzi, secondo me portate quasi sfiga.

Siete ovunque, e si perde sempre. Ovunque comparite, è una sconfitta.

Allontanate la gente pacifica, smembrate i movimenti, oscurate le ragioni della protesta, e legittimate la repressione.

Ci sarebbe quasi da farvi Cavalieri della Repubblica di queste banane, altro che pena esemplare.

14 pensieri riguardo “Sonoramente e profondamente indignati”

  1. a metà stavo per dirti che
    “NO, non si può dopo dire… eh, ma non hanno tutti i torti ad essere incazzati violenti ed esasperati…”
    perchè è proprio quello che li fa andare avanti, il nostro pensiero
    “si ma in effetti, eh beh ma come dargli torto, beh però sai”

    invece ti dico
    bella la fine! 🙂

  2. Infatti il dubbio che ci siano degli infiltrati di comodo tra quei violenti c’è proprio per quello che scrivi tu.
    Possibile che non capiscano che facendo così delegittimano la protesta ?

    C’è puzza di marcio … ma è una cosa che, come dici tu, accomuna tutti. Nessuno escluso.

  3. Interamente d’accordo con te…ma ti faccio una domanda, da uno che lo pubblica spesso, e spesso pubblica questa sua canzone in Fb…ma secondo te, De Gregori, da che parte sta??? Quindi, alla fine, non ci sta niente da fare…siamo un popolo di cantastorie…ogniuno a suo modo…

  4. Diciamo la verità: le manifestazioni non servono a nulla. Sappiamo tutti ciò che è capitato sabato a Roma e sarebbe un’ulteriore perdita di tempo stare qui a condannare le violenze, i saccheggi e tutto quello che è stato commesso da parte di un gruppo di facinorosi. Coloro che, giustificati dalla deresponsabilizzazione regalata dal branco, trovano nelle loro menti ottuse una motivazione valida ai loro occhi per sfogare pruriti vandalistici non sono meritevoli nemmeno dello spazio di una critica. La questione fondamentale è invece un’altra: è possibile una protesta costruttiva?
    O meglio: è possibile una forma di manifestazione del pensiero comune che abbia davvero la capacità di cambiare qualcosa nell’ordinamento nazionale e/o internazionale? Sicuramente le manifestazioni, più o meno pacifiche, no. Possono scendere in piazza cinquanta milioni di persone per protestare contro un governo ma in un regime democratico fino a che cinquanta milioni più uno saranno a favore di quel governo nulla cambierà, e nessuno si farà condizionare dalle bandiere sventagliate. Funzionerà ancora meno contro le banche, le multinazionali le lobby, i quali non hanno nemmeno bisogno del consenso ma sono potenti in quanto ricche. Perciò o si tagliano teste ai sovrani o si cerca una forma alternativa a queste per cambiare le cose. Personalmente…http://loltreuomo.blogspot.com/2011/10/indignati-ogni-giorno.html

  5. Questo post mi ha fatto pensare alla canzone “Quelli che benpensano” di Frankie HI-NRG MC. Sono una delle tante persone che hanno fatto la tua conoscenza grazie a Stefano Lavori, ma da quel post il tuo blog alimenta le mie letture quotidiane (forse perché narcisisticamente mi ritrovo spesso a leggere parole scritte da te che potrei benissimo aver scritto io – di sicuro le ho pensate – ed è rassicurante… e poi sono disoccupata e ho tanto tempo per leggere)… Complimenti!

  6. Bella questa immagine dell’Italia ipocrita e disonesta. Si potrebbe aggiungere (mie esperienze personali):

    – il commerciante con la bilancia truccata;
    – e quello che ti vende a caro prezzo roba fatta in Cina che gli costa due euro;
    – magari difettosa (e la merce non si cambia!)
    – i politici che prendono le tangenti;
    – che promettono di andare in Parlamento per fare il bene del popolo e poi fanno gli affari loro;
    – i giudici che usano il loro potere per perseguitare i propri nemici personali (o della famiglia);
    – i poliziotti che forti della loro impunità portano i ragazzi in caserma e li massacrano di botte;
    – che costruiscono prove false per incastrare qualcuno;
    – che prendono i soldi dai mafiosi;
    – i giudici di pace e i Prefetti che non annullano le multe anche se palesemente irregolari;
    – che nei processi fanno vincere il più “simpatico”;
    – la Guardia di Finanza, i Vigili, ecc che prendono mazzette per chiudere un occhio (o anche due);

    e l’elenco potrebbe continuare. Questa è l’Italia che si indigna per le statuette della Madonna fatte a pezzi. O per qualche vetrina infranta. Ma da che pulpito!

  7. Sei un grande punto. E parlerò di te in tutti i luoghi e in tutti i laghi – e, soprattutto, in tutti i miei socialcosi che non sono pochi.

    Ps: il libro di Petrella di cui parlavi in “Musa e rifugio” poi l’ho letto. Lo sai che non so se mi piace?
    Per il momento ho letto anche “Cane rabbioso” e ho sul comodino “La città perfetta”: spero che con la lettura del romanzo scioglierò le mie riserve.
    Continua così, tu, invece, che mi metterò alla ricerca anche dei tuoi libri!

  8. Per non parlare di quel Giuliano Ferrara immortalato negli anni settanta con tanto di bastone in mano o di quegli attuali ministri che operavano da picchiatori neri…

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