Oggi vorrei parlare di Fausto Simoni.
Lo farei se lo conoscessi.
Ma non lo conosco. E, probabilmente, nemmeno voi.
Conosciamo Lavitola, Tarantini, Lele Mora; conosciamo Bisignani, Verdini, Alfonso Papa; conosciamo Bertolaso, Anemone e Claudio Scajola; conosciamo Guarguaglini e Marina Grossi. Ma non conosciamo Fausto Simoni.
Chi è Fausto Simoni?
Vorrei mostrarvi una sua foto, ma non ce l’ho. Non ce ne sono sui giornali, o sul web. Non ci sono notizie su di lui: l’età, se ha una famiglia, come veste, che faccia ha.
Tommaso Di Lernia è un imprenditore che pagava le tangenti nel sistema Finmeccanica-Selex-Enav. Secondo le sue dichiarazioni, le ha pagate a politici e dirigenti industriali per aggiudicarsi appalti con Enav, attraverso la Selex e la Finmeccanica (aziende di Stato, posseduta al 30 % dal Tesoro).
Di Lernia, ai magistrati che lo interrogano, dice, tra le tante cose, anche questa: ” Ricordo che in una circostanza, Selex mi mandò nell’ufficio di un dirigente di Enav che era impermeabile alle richieste e ad ogni tipo di offerta di tangenti, per cercare di disincagliare una situazione. Ci andai, ma mi resi conto che non avrebbe accettato nessuna retribuzione”.
Di Lernia fa il nome di quel dirigente. Si chiama Fausto Simoni.
Mi piacerebbe conoscerlo. Vorrei intervistarlo. Puntargli una telecamera, come quelle leggere di Report, e chiedergli di raccontare la vita di un dirigente che si mantiene integro mentre tutto intorno marcisce.
Vorrei mostrare il suo volto, ascoltare le sue parole. Farmi raccontare della sua famiglia, di suo padre, di che tipo era, di cosa pensano di lui la moglie (è sposato?), le figlie (me lo immagino padre di femmine), gli amici (ne ha pochi, vero?).
Mi piacerebbe chiedergli come ci provavano e come reagivano quando lui diceva no. Cosa pensavano i suoi colleghi? Mi piacerebbe sapere dove ha trovato le motivazioni, la forza, e se ha mai tentennato, immaginando che con quei soldi magari poteva comprare una casa al mare.
Vorrei chiedergli se ha detto no per un sentimento, per coscienza, per principio, o per paura di finire nei guai.
Magari, su questa domanda, mi riderebbe in faccia. Come feci io, quando ero assessore. Un mio compagno di partito (molto a sinistra), con un incarico importante che volgeva al termine, mi disse che aveva pensato a me per prendere il suo posto ma che, per farlo, dovevo mettermi a disposizione, perchè “sai come vanno le cose, no?”.
Non aggiunse altro. Rimase volutamente nel vago. Di lui si malignava da un po’. Amicizie strane, pettegolezzi. Io non ci avevano mai voluto credere. Pensavo che fossero schizzi di fango. Rimasi molto male. Lo bloccai subito, prima che continuasse. Dissi che non mi mettevo a disposizione di nessuno. Lui replicò stizzito: “ti caghi sotto”.
Di lì a poco le nostre strade, ovviamente, si separarono. Ma io ho pensato a lungo a quella frase sprezzante. Avevo paura di passare un guaio oppure ero banalmente una persona onesta?
Ho capito, poi, che era una domanda senza senso. Le due cose viaggiano sempre assieme. La paura di passare un guaio si chiama vergogna. Il rifiuto di adeguarsi ad un sistema collaudato di disonestà collettiva si chiama coscienza.
La vergogna e la coscienza sembrano cose fuori moda, ma esistono, e a volte commuovono.
Per questo vorrei conoscere Fausto Simoni.