Faccio mia una espressione, che mi è piaciuta, di Marino Niola: “passare dal vorrei ma non posso al potrei ma non voglio”.
Mi sembra che fotografi bene l’opportunità, che spesso fiorisce nel dramma, offerta da questa brutta crisi economica. Abbiamo la possibilità, sul sentiero stretto della recessione, di fare una riflessione critica sui nostri consumi.
Siamo una società obesa. Abbiamo le case zeppe di condizionatori e tv, e mentre li accendiamo piangiamo miseria.
Ci lamentiamo di salari bassi, tasse alte, prezzi super, e non ci perdiamo un modello della Apple, o dell’ultimo cellulare.
Con un occhio sull’IPhone o l’Ipad esprimiamo il prossimo desiderio, mentre l’altro occhio frigna per tagli e manovre.
Facciamo la rata per il frigo americano, per il maxi televisore in Hd, ci mettiamo il decoder SKY, per vedere le partite, abbiamo il forno elettrico gigante per le cene numerose, il microonde per scongelare, il fornetto per le cose veloci, il Bimby che fa anche i sughi e il robottino che lava a terra da solo.
Ci siamo riempiti di oggetti. Quando si rompono li buttiamo. Se prima non esce il modello aggiornato, che dobbiamo comprare a tutti i costi perchè sennò siamo indietro.
Quante cose, tutte utili, tutte belle. Ma tutte così indispensabili?
Mia mamma e le sue sorelle si sono passate, per anni, culla, passeggino e vestititi per me, mio fratello e tutti i miei cugini. Materiali indistruttibili, per un verso, e allegramente condivisi, per un altro.
Mia nonna non buttava mai nulla. Metteva ogni cosa in magnifiche scatole di latta. Sugheri, spaghi. Le prime bottiglie di Coca Cola erano in vetro (molto più buona la Coca Cola in vetro!) e bisognava conservare il vuoto, che era a rendere. Altro che differenziata. La “buatta” dei pomodori, dopo l’uso, ripulita e riempita di terra, riusciva perfino a diventare un vaso per i fiori.
Non voglio fare il nostalgico, di un tempo che ho appena sfiorato per giunta. Né voglio fare l’elegia del passato. Non rimpiango l’acqua di pozzo e i panni lavati a mano nel fontanone. Il progresso ci ha migliorato tantissimo la vita. Ma ci ha anche, lentamente, fatti schiavi. Ci lamentiano dei soldi che ci tolgono con le tasse, o di quanto poco guadagniamo. Ma non riusciamo a fare una riflessione critica su come spendiamo i nostri soldi. Su quanta utilità si potrebbe trarre da un modo diverso di gestire il nostro rapporto con gli oggetti. Se ho un IPhone davvero mi serve un IPad? Se ho un pc fisso a casa e uno in ufficio, davvero mi serve un portatile? E se ricominciassi a toppare con filo e ago quel calzino col buco?
Le grandi crisi economiche sono state, nella storia dell’uomo, anche maestosi momenti di ripensamento su sé, sul proprio senso nel mondo.
Io ricomincerei da qui.
(E adesso affrettatevi a comprare gli ultimi regali, che domani è la vigilia).