Lessi tempo fa, non ricordo dove, che Roberto Saviano, nelle prime settimane dopo l’uscita di Gomorra, prima di essere minacciato, andava in giro a presentare il suo libro, e agli appuntamenti, ad un certo punto, inevitabilmente, si alzava qualcuno e gli diceva due cose.
La prima é che quello che aveva scritto era esagerato. La seconda è che gettava fango su Napoli solo per guadagnare, in modo furbo, soldi e notorietà.
Saviano raccontava di restare ogni volta allibito. Come si può negare la ferocia della camorra, o addirittura la sua esistenza? E come si può trasformare chi compie, con le parole, un’azione di denuncia civica in un furbetto che cerca soldi e successo?
Capisco la sua amarezza.
Nel mio piccolo, fatte tutte le proporzioni, vivo una esperienza simile. Da quando ho pubblicato il libro sullo Steve Jobs napoletano giro molto per presentazioni. Raccolgo pareri, storie, molte identificazioni. Ma, immancabilmente, arriva, ad un certo punto, qualcuno che chiede la parola per dire due cose.
La prima è che quanto scritto nel libro non è vero. La seconda è che parlare male dell’Italia e di Napoli è una furbata per fare soldi.
Io, ogni volta, benché ci sia abituato, ci resto male.
Come si può negare che in Italia esista un problema di accesso al credito per le imprese e soprattutto per i giovani senza spalle coperte dalle famiglie? Come si può negare che in Italia esista una questione legata all’erogazione, ritardata e clientelare, dei fondi pubblici di sostegno all’autoimpresa? Come si può negare che esista una burocrazia costosa e farraginosa? Come si può negare che esista un’emergenza legata alla corruzione dei pubblici poteri, che asfissia le attività economiche e taglia le gambe a chi prova a camminare sulle sue? Come si può negare che al Sud, in particolare, ci sia una presenza mafiosa che taglieggia quello che funziona e distrugge mercato e concorrenza? Come si può negare che tutti questi fattori, insieme, facciano del nostro Paese un magnifico esempio di patrimonio dilapidato, di occasioni perdute, di giovani in fuga, di uomini e donne dalle mille capacità e dalle pochissime opportunità?
Chi sostiene la tesi che non è vero nulla, aggiunge, in genere, il suo esempio.
Io ce l’ho fatta, dice. E come me anche altri.
Bene. Mi fa piacere. Ma se uno o qualcuno ce la fa significa che tutto va bene, che non ci sono problemi? Io credo di no.
C’è chi ce la fa, anche in condizioni difficili. È vero.
Siamo 60 milioni di abitanti e ci sono migliaia di imprese che reggono, per fortuna.
Ma questo non significa che non ci sia, in Italia, una grande questione sociale che riguarda la realizzazione del proprio talento, che riguarda i fattori che ho indicato sopra, e che disperde occasioni, valori e risorse.
L’esempio positivo va bene, è incoraggiante, è bello sentirlo. A patto, però, che non pretenda di oscurare i problemi e chiudere la discussione.
In realtà chi si alza e porta l’esempio del suo successo ha spesso un sottinteso. Un non detto. Ce l’ho fatta perché invece di perdere tempo a lagnarmi, come voi, mi sono rimboccato le maniche.
Ecco, questo mi fa andare veramente in “freva”. La retorica del fare.
Mi piacerebbe, poi, andare ad indagare in quella storia. Vedere quante mazzette sono state pagate. Quante leggi impunemente violate. Quanti favori fatti alla politica. Quanti compromessi. Quanta spregiudicatezza. A quale prezzo, morale e sociale, corrisponde quel fantomatico fare?
Inutile chiederlo. Negherebbero. Puri e duri. I negazionisti non pagano tangenti, non sono taglieggiati dalla camorra, non sono asfissiati dalla burocrazia, non assumono raccomandati, sono finanziati senza garanzie, non hanno lavoratori a nero, pagano tasse e contributi e ce la fanno solo con le loro forze. Perché sono bravi, perché sono uomini del fare, perché non si lagnano, perché si rimboccano le maniche. Se tutti facessero come loro, invece di parlare dei problemi, non staremmo così.
Io penso, invece, che stiamo così anche per colpa loro. La negazione dei problemi conserva i problemi. L’idea del “volere è potere” cancella il peso delle questioni sociali e sposta colpevolmente la responsabilità solo sugli individui. La retorica delle maniche rimboccate insulta chi fallisce, dandogli la colpa. L’enfasi su chi riesce oscura la vera emergenza, che è quella della marea di persone che frana sui problemi, perché a volte sono drammatici, asfissianti, irrimediabili.
Gente che perde, si perde, ci fa perdere tutti.
Anche chi si illude che la società sia un bel gioco individuale.
Io sono uno di quelli che ti legge, ti stima perchè scrivi cose interessanti e quando passi per il suo paesino dimenticato da tutti a dire “qui non c’è speranza, andate via subito” si alza, viene a parlare e ti spiega che può accadere anche l’opposto, esattamente l’opposto di quello che vuoi per forza far passare tu, con il libro, il tour, il prossimo film e tutto il carrozzone mediatico che arriva puntuale quando c’è da sparlare di Napoli e della sua gente, quando c’è da confermare dei clichè che per i media sono merce preziosa, perchè semplificano il loro lavoro, fanno parlare senza pensare e vendere copie.
Se poi neppure il lavoro sudato, onesto (ripeto ONESTO e PULITO) e di successo delle tante, tantissime realtà locali che qualcuno ti indica, ti dimostra, ti racconta viene compreso e visto per quello che è, un semplice coro di proteste gentili di chi non può accettare la tua estrema semplificazione e la tua ovvia conseguenza: “fuggite tutti, desertificate Napoli e sarete premiati”.
Il mio consiglio è, come buon senso impone, di ascoltare sempre le due campane, non avere pregiudizi e fidarsi (fidarsi davvero!) di qualcuno che si presenta come una persona perbene e onesta e non raccontare sempre e soltanto il lato oscuro, perchè il mondo, Napoli e la sua storia, dimostra che esiste anche il sole e la luce.
Il tuo errore più grande (che io reputo furbo, e necessario dopo il successo del libro) è dimenticare tutto il resto. Voler vedere il mondo o in bianco o in nero. Perchè altrimenti dovresti rivedere tutto e dire “forse anche qui c’è qualche speranza se tante persone che incontro mi dicono di avercela fatta”, il tuo famoso pessimismo non avrebbe più modo di esistere e il tuo nuovo personaggio da vendere finirebbe qui. E invece vai con i film, vai con le offese gratuite (“è impossibile non rubare, pagare mazzette, corrompere, etc…”, convinzioni al limite del demenziale, come se l’onestà fosse solo di tua competenza), vai con i luoghi comuni, vai con il Napoli camorra, mandolini e mazzette.
Il popolo degli onesti per fortuna ha altro a cui pensare e non lo vedrai mai scendere in piazza, fare gruppi su facebook o alzare la voce, c’è tanto da lavorare, tante, troppe tasse da pagare e problemi da risolvere, ma l’eroe è chi ci resta e gioca pulito, non chi fugge e sparla di chi prova a restare, di chi prova a resistere.
Poi è ovvio (!) che i problemi aumentano, le cose da migliorare sono e saranno sempre infinite, che Napoli è un posto più difficile di altri per lavorare, etc..nessuno, ripeto NESSUNO, vuole e deve mai negarlo (anche se ti piace pensarla così per semplificare la tua risposta) ma elencare dei problemi, peraltro vecchi come il mondo e in parte figli di qualcosa ben più grande di una città come Napoli, non può convincermi a fuggire o a perdere la speranza, perchè tante sono le storie felici di chi vive qui e lotta per restare, e infinita è la gioia di poter vivere dove si vuole vivere!
Continua a parlare di Napoli e dei suoi problemi, non farà che bene un po’ di attenzione in più, ma fallo sempre con il rispetto per le persone perbene e con il rispetto per chi non la pensa come te, che ha avuto e ha ancora speranza e ha dimostrato con la propria esperienza di aver avuto ragione nel restare e credere in Napoli e nei napoletani.
L’unico giudizio onesto sarà quello che tiene conto anche di questo, tutti gli altri saranno faziosi, furbetti e pieni di buchi concettuali più grandi di quelli delle strade della mia città!
E poi quando vorrai scrivere il seguito del tuo libro, senza inventare nulla di fantasia, ti dovrai per forza ricordare che anche qui, nei garage napoletani, sono nati dei creativi di successo che con le mani pulite hanno “pensato diversamente” e ce l’hanno fatta.
Buona fortuna
Credo che tu abbia capito poco del mio libro e della mia posizione. Per questo non ti replico. Per il resto, c’è il post, che mi pare chiaro. Per chi vuole capirlo.
o forse sei tu che non hai capito il senso degli interventi di quelli che non la pensano come te? Anche perchè il post è chiarissimo, hai ragione. Riassumi a tuo modo quegli interventi di speranza brutalmente così:
“…Ma, immancabilmente, arriva, ad un certo punto, qualcuno che chiede la parola per dire due cose.”
eh già, immancabilmente..come a descrivere il cretino di turno che non ha capito proprio nulla. Se quel tizio non manca mai nel tuo pubblico, sarà il caso ti iniziare ad ascoltarlo.
“La prima è che quanto scritto nel libro non è vero.”
ecco, questa forse è la tua più grande trovata (furbata rende meglio), per portare il pubblico banalmente dalla tua parte. Chi si presenta e racconta la propria storia di speranza e successo lo fa per dimostrare che, NONOSTANTE i problemi che ti piace elencare, qualcosa si può fare lo stesso, e questo non vuol dire assolutamente NEGARE i problemi o ritenerli falsi, ma vuol dire però scalfire la tua sicumera e la tua visione assoluta e inattaccabile di fallimento generalizzato.
“La seconda è che parlare male dell’Italia e di Napoli è una furbata per fare soldi.”
Anche qui giochi sporco. La furbata è parlare SOLO (ripeto SOLO) male di Napoli. Parlare senza note positive, nasconderle, cancellarle, far finta che non esistano, questo è giocare con le carte truccate per far felice quelli di UnoMattina e Studio Aperto, far felice l’editore che vende libri e raccogliere consenso grazie alla banale calcolo che una buona maggioranza di persone tende più facilmente a vedere Napoli come un problema senza soluzione e quindi si accoda al coro di pessimismo e fastidio.
poi prosegui:
“Bene. Mi fa piacere. Ma se uno o qualcuno ce la fa significa che tutto va bene, che non ci sono problemi? Io credo di no.”
E chi l’ha detto questo? la risposta l’hai decisa tu? Per me invece significa soltanto che potresti non aver ragione, che forse qualcosa si può fare e la speranza non è ancora morta. Questo significa, null’altro, ancora una volta la tecnica del travisare le intenzioni di chi ti ascolta e interviene è decisamente furbetta.
“L’esempio positivo va bene, è incoraggiante, è bello sentirlo. A patto, però, che non pretenda di oscurare i problemi e chiudere la discussione.”
Ecco, qui è proprio il contrario: l’esempio positivo APRE (ripeto APRE) la discussione, non come tu sostieni cerca di chiuderla, è su questo punto che è chiaro tutto il tuo fraintendimento.
Infine non vale neppure la pensa soffermarsi a commentare le cattiverie gratuite che infili alla fine, dicendo che chi porta la sua esperienza positiva in realtà lo fa per offendere gli altri (senza parole, davvero) e che la probabilità che sia una persona onesta è praticamente nulla. Anche qui si intuisce l’origine del tuo pessimismo, al limite dell’invidia sociale mista alla frustrazione di chi non crede più nella società in cui vive e non vuol più fare distinzioni tra il bene e il male, e che paradossalmente trova il suo successo maggiore nella distruzione totale, quando l’arte del DISFARE vince (facile) su quella del fare…in questo ritrovo tutta la tua napoletanità purtroppo.
Faccio eccezione alla regola che mi sono dato di non pubblicare insulti su questo blog, e pubblico i tuoi solo perché temo che tu mi stia insultando senza nemmeno rendertene conto. Ripeto che secondo me non hai capito nulla. Nè del post, né del libro, né del mio pensiero. Non so che farci.
Sicuro di non aver offeso in alcun modo la tua sensibilità, mi preme sottolineare soltanto che molti, come me, si sentono realmente offesi invece da quando scritto nel tuo post, dove accusi gli “ottusi” ottimisti di essere corrotti, ipocriti e arroganti, solo per aver raccontato la loro storia diversa da come tu la immagini. E va bene così, ce ne faremo una ragione.
Per la risposta, quella vera, dello scrittore/giornalista e non del moderatore di un blog, ci sarà tempo.
La risposta è nelle cose che ho scritto e detto in questi mesi, diverse da quelle che mi attribuisci e che rilanci con tanta insistenza. Quanto agli insulti, mi sembrano evidenti. Ma ho visto che oltre a decidere tu qual è il mio pensiero, decidi tu pure se mi devo offendere o no. E allora mi arrendo, pessimisticamente.
Azz… Antonio, qui sono cavoli! Per dirla eufemisticamente… In questo tuo commento vedo tutta, ma proprio tutta, la differenza culturale fra un comunicatore precario di Napoli (sottolineo, di Napoli, non del sud Italia…) ed un comunicatore precario del nord. Io sono precario da sempre. Anzi, precario antesignano e controcorrente: per scelta! Non mi schifavano le anticamere nei salotti dei politici per ottenere un posto di lavoro in Rai: in fin dei conti, esistono anche politici simpatici.
Mi schifava l’idea di lavorare in una struttura dove tutti i colleghi sarebbero stati degli affiliati politici. Erano gli anni ottanta ed ho osato scommettere su me stesso.
Mi è andata bene. Sono addirittura diventato editore di me stesso (grazie al web) e me la cavo alla grande. Eppure, oggi non consiglierei a nessuno di scommettere su se stesso in italia. In qualunque altro luogo del mondo sì, ma non in Italia.
Allora, quale è la differenza fra la mia esperienza e il tuo pensiero?
Confermo tutto: dalla difficoltà di accesso al credito a tutto il resto. E specifico che oggi non farei impresa non soltanto a Napoli (dove vivo la metà del mio tempo) ma in tutta Italia.
Questo è il problema. Ma questa è anche la risposta.
Siccome sono del nord (anche se vivo a Napoli) e sono cresciuto intriso di cultura nordico-calvinista, non mi arrendo. Magari, ogni tanto recrimino (e mi domando se la recriminazione sia una via d’uscita fin troppo comoda…) ma non mi arrendo.
Non mi piace correre lento e per troppo tempo. Eppure corro da quarant’anni. Avrei voluto essere veloce come Carl Lewis, ma non lo ero. Allora ho dovuto scegliere una via di mezzo: una corsa non troppo veloce per i miei mezzi, su una distanza non troppo lunga. Così, da quarant’anni, corro gli 800 metri e mi sono tolto qualche soddisfazione, sia in Italia che più in là. Soprattutto, non sono diventato troppo chiatto. Insomma, se uno vuole, la strada per venirne fuori la trova.
Certo che ho dei problemi anche io! Sono un precario ed ho un sacco di problemi muscolari ed ai tendini!
Ogni tanto, mi domando se i barboni che fingono di dormire aspettando la morte dalle parti del Museo Archeologico di Napoli abbiano ragione: non si stressano, non fanno, una mazza, ogni tanto mi aiutano a parcheggiare (senza fischietto: soltanto per questo li adoro!) e si bevono tutta la mancia.
Io non ho ancora capito da che parte vuoi stare, caro Antonio.
No, scusami, non è una questione di bianco o di nero, ignorando tutte le scale di grigio.
Adesso divento cattivo: anche tu sei uno che vive per bersi le mance delle quattro righe pagate in centesimi?
Oppure, sotto sotto, anche tu sei mosso dall’invidia (azz… recriminazione e invidia: da quattrocento anni il mondo ha capito che questi sono i tratti somatici di Pulcinella. Peccato che la natura nefanda di Pulcinella sfugga solamente ai napoletani…) per le Bmw X6 dei camorristi, quel cesso di automobile che secondo me è stata disegnata proprio per rispondere ai bisogni infantili di chi sognava una grande Alfasud?
Oppure, che cosa?
Io vivo “che cosa?” da quasi cinquant’anni. Ho l’orticaria per il calvinismo nord-europeo. Ma, vivendo al sud, ho compreso che con la recriminazione, i luoghi comuni e l’invidia si foraggia la camorra.
Ciao, Roberto, ma è così difficile parlare dei problemi di un Paese senza fare questioni personali? Ognuno di noi è come è. E io sarò come sono. Giusto o sbagliato. Che vuoi che conti come sono io? Conta com’è l’Italia, com’è Napoli. Luoghi che hanno un potenziale pari a cento e ne esprimono solo venti. Perché? Perché ci sono troppi nodi irrisolti. Parliamo di questi, e proviamo a scioglierli. Come sono io è totalmente secondario. Qualcuno dice che sono nodi culturali. La mentalità. Io ci credo poco. Vedo problemi oggettivi. A Milano come a Napoli. A Napoli qualcuno in più. Possiamo anche non parlarne, sia chiaro. Restiamo così. Ognuno di noi si ammira l’ombelico e la risolviamo. Il fallito si lamenta, il riuscito si pavoneggia. Magari tiriamo fuori pure il Dna. Torna utile. E lasciamo tutto uguale. In fondo se nulla cambia è proprio per questa nostra dannata incapacità di vedere le questioni sociali. Facciamo solo questioni personali.
Ciao Antonio, nessuna questione personale! In tempi non sospetti, sostenevo la tua genialità. Il signor nessuno che si mette a sparare sul pensionato parcheggiato in doppia fila di fronte all’edicola è politicamente scorretto ai livelli di Aldomovar. Se permetti, la questione sociale è proprio quella che ho scritto sopra: non credo proprio esista il paradiso dei calvinisti, che devono provarci a tutti i costi; invece sono sicuro che recriminazione e invidia (il retroterra culturale che permea la napoletanità) sono l’humus che permette alla camorra di prosperare.
Come disse il sommo Poeta “non ti curar di loro ma guarda e passa”. Complimenti Antò!!!!
Di solito leggo e non commento ma mi viene da dirti questa cosa.
Sono pienamente d’accordo sull’amarezza e anche sull’incazzatura però stavolta, e mi suona strano per quel che leggo di te di solito, penso sia necessario distinguere perché alcune cose che hai scritto sembrano tagliate con l’accetta.
Da come scrivi pare che quelle due domande te le faccia solo un certo tipo di persona e non credo sia giusto identificarle come fai. Magari ci saranno, sicuro anzi, anche i furbetti che sono riusciti nel fare impresa grazie a tutta una serie di intrallazzi, e allora vengono da te e ti criticano (e tu dici “thanks to dick” che ci sono riusciti, non sono rimasti puliti!). Ma non posso non pensare che tra chi ti solleva quelle critiche (sulla cui validità poi possiamo avere la stessa opinione eh!) ci sia anche gente che si è smazzata onestamente ed è riuscita a farcela lo stesso. Poi, siamo d’accordo: portiamo anche esempi di chi ce l’ha fatta a meno che questo non serva da scusa per sommergere il problema: e qui, ci sta, nel senso, non serve a nulla sottolineare che qualcuno ce l’ha fatta durante la presentazione di un libro che vuole denunciare il fatto che la maggior parte non ce la fa.
Probabilmente, è un paradosso tutto meridionale, e me ne vedo sempre di più attorno, ora che sono tornata a Napoli: quelle stesse persone un po’ ‘diverse’, che nonostante tutto ce la fanno LEGALMENTE (e quindi sono mosche bianche) poi improvvisamente ri-assumono un atteggiamento di lassismo o vittimismo tipicamente meridionale e si ‘assettano’, esattamente come fanno quelli che non ce l’hanno fatta e si lamentano. E ti vengono a dire ‘dai ok io ce l’ho fatta non dire che non si può’, come se non fosse sempre ugualmente difficile per gli altri, anche se loro ce l’hanno fatta.
Però non puoi stigmatizzare tutti quelli che ce l’hanno fatta e ti criticano come ‘furbetti’ o scemotti (o almeno questo sembra dalle tue parole, se non ho capito ti chiedo scusa).
Ti ripeto: sono d’accordo con quello che dici nel post. Però mi suona stranamente categorico su questo punto. Se ti viene anche solo un istante il dubbio, prova a rileggerti sotto questa prospettiva.
Mi dispiace aver dato questa impressione. Napoli e la provincia hanno tre milioni di abitanti. C’è una marea di gente che tutti i giorni lavora. Ci sono migliaia di attività. È perfino banale ricordarlo. Mica siamo morti. Tutti disonesti? Non lo credo. Tutti integri, come amano dire? Nemmeno lo credo. La nostra realtà ti mette a dura prova, tutti i giorni. Riconoscerlo sarebbe una bella prova di onestà intellettuale. Farne una specie di paradiso dove “se vuoi, puoi, basta la determinazione” mi sembra ridicolo. Mi ribello a questo.
Ma infatti immaginavo con quale idea in testa tu avessi scritto. Penso solo che forse non ti è riuscito come al solito di spiegarti al meglio 😉 perché perfino io che mi immedesimo sempre in quel che scrivi ho avuto un attimo di perplessità. Tutto qui 🙂
Antonio, ti leggo sempre e ti stimo, ma perchè non ammetti che con una difesa migliore saremmo arrivati ai quarti?
Toglierei migliore.
fatti forza… piano piano arrivano tutti alle stesse conclusioni… http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2012-03-20/apple-fosse-italiana-cassa-114748.shtml?uuid=Ab7PAHBF che accessi più equi al capitale possono portare valorea tutti, non solo ai figli di qualcuno. http://www.ted.com/talks/richard_wilkinson.html
A chi ti scrive questo puoi tranquillamente dire : “anche in Africa c’è chi ce l’ha fatta non per questo dobbiamo raccontare alla gente che in Africa non esiste un problema”.