Domani è il primo maggio. Si celebrano in tutto il mondo le conquiste dei lavoratori. E’ una festa operaia, nata alla fine dell’Ottocento. Segnata da splendide lotte sindacali. Domani ci saranno cortei, concerti, comizi. Quante ne ho sentite.
Devo dire che festeggiare il lavoro, oggi, mi mette molta malinconia. Come orfani alla festa del papà, ci aggiriamo lungo questa giornata guardando con un filo di invidia i pochissimi che hanno un lavoro fisso, garantito, tutelato, con salario intero, e rimanendo, invece, attoniti per quello che siamo diventati.
Precari cronici, spaventati, flessibili, sottopagati, sorridenti per forza maggiore, alienati, divisi, laureati, soli, insultati dalle generazioni precedenti, irrisi dai benestanti. E, spesso, perfino disoccupati. Liberi anche da questo lavoro sporco, povero, miserabile. Sono più di 120 anni che è il “primo maggio”.
Ma più che festa, lo chiamerei funerale.
per fanpage
È vero, il primo maggio è stato distrutto, frantumato. E il sangue versato e le lotte combattute per i diritti dei lavoratori e per il lavoro, buttati nel cesso con immediatama attivazione dello sciacquone.
Di chi la colpa? Nostra, del popolo, della gente, che, per coltivare il particolare, ha alimentato il malaffare, l’intrallazzo. Di tutti gli aggettivi che hai usato il più importante è ” divisi” : proprio perchè la assoluta mancanza di coesione , del senso del comune, hanno permesso il disastro attuale. Eppure è notorio che “l’unione fa la forza”.
Piú che irrisi o insultati i sottoccupati e i disoccupati, sempre per il motivo di cui sopra, non hanno avuto “solidarietà ” , cioè forza propulsiva per ottenere dei sacrosanti diritti.
Piangere, peró, al funerale non ha alcun senso. Ci vorrebbe ben altro verbo.